A Vinitaly, Angelo Gaja durante la sua degustazione “Grandi biografie del vino: Gaja, con la verticale di Sperss”, non ha parlato solo dei suoi vini, ma anche del territorio e non solo, utilizzando il momento degustativo in modo più ampio: una piccola lezione di comunicazione del vino per tutti i presenti.
Fulcro del discorso il concetto dell’artigiano del vino: un produttore che lavora in una realtà di piccole dimensioni, che ha il controllo totale delle sue attività, non copre tutte fasce di prezzo, conduce un’azienda che vive di una componente familiare importante dove tutti svolgono ruolo a tempo pieno, e lavora il vigneto almeno 1.200-1.600 ore all’anno, sporcandosi le mani. E che trasmette la propria passione e la sua esperienza ai figli, dando consigli ma senza imposizioni. E, soprattutto, è uno che “protegge soprattutto la passione per il progetto, prima di pensare a fare business (ovviamente tenendo bene presente che il business serve, però, per sostenere il progetto).
Ma l’artigiano del vino, per Gaja, seppur strettamente legato e convinto della sua filosofia di lavoro, non si pone in contrasto con chi ha fatto una scelta diversa, puntando anche sui grandi numeri. Perché piccoli sarti e grandi industriali non sono nemici, ma due facce della stessa medaglia, quella del vino di successo.